Ricordo ancora che sfogliando tra i profili dei “Prisoners” del sito web apposito per scrivere a dei detenuti Americani vidi la sua foto, gli occhi tristi, il viso giovane, un adolescente perduto. Andai avanti senza selezionarlo subito, ma quegli occhi mi seguivano e nonostante continuassi a scorrere le pagine (degli altri detenuti), la mia mente mi diceva di tornare indietro.
Cosa mi aveva colpito veramente? Forse la descrizione che aveva dato di se stesso, così accurata ed essenziale allo stesso tempo. Già da quelle poche righe sembrava non volesse dare adito a fraintendimenti, percepii il suo intento di voler dire esattamente ciò che pensava senza lasciare spazio a interpretazioni. Forse gli occhi di una di quelle anime che hanno agito senza nessun tipo di consapevolezza, in un mondo ancora troppo grande per trovare la via giusta, se via giusta c'è. Quegli occhi mi dicevano: “Scrivimi.” Scrivimi senza nessuna compassione per me o la mia vita, scrivimi senza chiedermi di essere diverso, scrivimi senza sentirti obbligata o misericordiosa.
Semplicemente se vuoi fermarti un momento ed essere una compagna di passaggio sulla terra, scrivimi. Cosi ho fatto e così fu. Due anni diluiti nel tempo di corrispondenza lenta e profonda. In questo momento di Pandemia e isolamento, che certo qualche anno fa mai mi sarei aspettata di vivere, ritrovo le lettere di Tim ancora più cariche di verità e significato.
“Goditi la tua libertà”, mi ha scritto, “tu che puoi sentire il vento sul viso, goditi la quotidianità delle piccole cose.” Quante volte ho sentito queste parole da chi la libertà magari l'aveva perduta, o non l'aveva mai conosciuta, grandi motivatori che aiutano le persone ad andare avanti parlando della propria esperienza, di come hanno iniziato ad apprezzare la vita magari in seguito a un incidente o a una grave malattia da cui poi sono usciti più forti di prima.
Il brano è tratto dal libro “Prendimi come sono,” di Laura Melis, Marzo 2022.
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